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Pubblicato il 24/09/2020
La legge consente al creditore di recuperare quanto dovuto solo se in possesso di un titolo esecutivo, cioè, un ordine di pagamento emesso dal giudice ed indirizzato al suo debitore. Talvolta, nel caso in cui il credito sia dimostrato da una prova scritta (es. un contratto, una fattura, una parcella di un professionista) l’ordine di pagamento può aversi mediante l’emissione del decreto ingiuntivo da parte del giudice competente.
Se non viene fatta opposizione dal debitore, il decreto ingiuntivo diventa titolo esecutivo.
Dal decreto ingiuntivo si differenzia il precetto, che è una intimazione di pagamento che viene notificata al debitore, assegnandogli un termine per adempiere, con l’avvertimento che in caso di mancato adempimento, il creditore procederà ad esecuzione forzata, in forza del titolo esecutivo.
Il precetto deve contenere a pena di nullità determinate informazioni relative alle parti e al titolo esecutivo, e deve riportare la trascrizione integrale del titolo quando questo è costituito da una scrittura privata autenticata.
Inoltre, deve essere esattamente indicata la somma dovuta, compreso gli interessi nel frattempo maturati.
Non si può iniziare l’esecuzione se non è decorso il termine indicato nel precetto per adempiere, e comunque non prima che siano decorsi 10 giorni dalla notificazione al debitore, salvo casi particolari previsti dalla legge.
Il debitore può proporre opposizione al precetto. Ad ogni modo, il precetto diventa inefficace se nel termine di 90 giorni dalla sua notificazione non è iniziata l’esecuzione.
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